GIUSEPPE GAUDENZIO MAZZOLA
(Invozio di Valduggia 1748-Milano 1838)
Marte e Venere con Cupido
1787
Olio su tela, datata e firmata
In deposito dal Comune di Vercelli dal 1913
Inv. 1913, De, 1
dim. 182 x 244 cm

Il grande dipinto, firmato e datato in basso a sinistra “Joseph Mazzola/ pinxit Rome 1787”, è stato eseguito dal pittore valsesiano durante gli anni del suo soggiorno romano. Mazzola, formatosi tra la Valsesia, Milano e Parma, si trasferisce prima a Torino entrando progressivamente in contatto con la corte sabauda e poi nel 1777 a Roma, dove risiede a più riprese fino al 1789, quando diventa pittore di corte dei Savoia. Negli anni romani si inserisce nell’ambiente culturale del cardinale Alessandro Albani e svolge un importante alunnato presso Anton Raphael Mengs, di cui Mazzola è considerato il migliore allievo. L’opera vercellese potrebbe identificarsi con “un grande quadro che il principe Borghese gli aveva ordinato” e che, però, Mazzola non aveva terminato per problemi di salute, come ricorda in una lettera Clemente Damiano di Priocca. Venuta meno la commissione del principe Marcantonio Borghese, Priocca, che definisce il dipinto “superbe”, sebbene il soggetto sia “un peu gaillard” per la corte sabauda, si impegna ad inviarne comunque una versione a stampa (Baudi di Vesme, 1966, p. 671).
La tela “tra i capi d’opera per disegno, per distribuzione e per colorito, fatti colla destra mano” (G.A. De Gregory, 1824, p. 378) rientra tra le opere eseguite prima dell’amputazione dell’arto nel 1804, a causa di un ganglio. Ciò nonostante, Mazzola proseguì la sua attività pittorica e divenne professore di colorito all’Accademia di Brera e vicedirettore della Regia Galleria di Brera.
La scena rappresenta Venere, dea dell’amore e della bellezza, seduta discinta ai piedi di un letto, mentre solleva l’elmo piumato dal capo di Marte, disarmandolo. Il dio della guerra, ritratto in armatura, cinge i fianchi della dea e con la mano sinistra stringe il fodero della spada, tentando di resisterle, mentre Cupido alato, poggiato sullo scudo del dio, cerca di sottrargli l’arma.
La Pinacoteca di Varallo conserva un disegno a carboncino e gesso bianco ritraente una Testa di Marte (Inv. 1708), che può considerarsi un disegno preparatorio per la figura del dio.
Riconducibili cronologicamente e stilisticamente alla tela in deposito sono lo Studio di due teste alla greca (Inv. /FD 338/11), Studio di Cupido in riposo appoggiato ad un plinto (Inv. /FD 338/34), Schizzo per Venere e Marte con Cupido (Inv. /FD 338/23), conservati presso la GAM di Torino.
I disegni rivelano una particolare attenzione da parte di Mazzola nello studio dei volti, un aspetto che nella tela trova riscontro nell’intenso scambio di sguardi tra Venere e Marte e nel modo furtivo di Cupido che li osserva.
Nella tela vercellese il pittore unisce sapientemente l’eleganza studiata dei gesti, frutto della vicinanza all’Accademia di Francia e della conoscenza delle teorie sulla grazia in pittura formulate da Mengs. Dallo studio diretto dell’antico emerge la restituzione delle armi, della veste e del profilo di Marte. La pittura di Mazzola si caratterizza per l’attenzione al dettaglio minuto, evidente nel fodero della spada o nei piedi del letto, e per l’equilibrio della cromia generale (E. Orsini, tesi a.a. 2003/2004, p. 85).
Nel soggetto e nella sua restituzione, si avvicina all’opera di poco più tarda Le Nozze di Peleo e Teti della Galleria Sabauda di Torino, eseguita nel 1789 in occasione delle nozze tra Vittorio Emanuele, duca di Aosta e Maria Teresa d’Asburgo Lorena.
Un ulteriore riferimento “per la smaltata tersa minuzia materica e il suo splendore cromatico” è la Anfitrite sul carro tra Nereidi e Tritoni del Castello di Agliè.
La fortuna dell’opera vercellese è attestata da una replica di piccole dimensioni ritraente Marte e Venere eseguita da Andrea Appiani (M. Precerutti-Garberi, Aggiunte ad Andrea Appiani, in «Arte illustrata» n. 52, 1973, p. 16) e rintracciata all’asta con il suo pendant Il Giudizio di Paride (Asta Semenzato, 9 novembre 2003, lotto n. 23 a-b).
(scheda a cura di Marta Rossini).
Giuseppe Mazzola, Marte e Venere, olio su tela, Museo Borgogna, Vercelli
Giuseppe Mazzola, Testa di Marte, carboncino e gesso, Pinacoteca di Varallo