GIUSEPPE PARVIS
(Breme Lomellina, Pavia 1831- Saronno 1909)
Coppia di Stipi in stile moresco di cui uno con alzata a specchio
legno di noce con intarsi in avorio e legno
ultimo quarto del XIX secolo
invv. 1906, V, 168-169
Stipo: 282 x138 x 42
Stipo con alzata a specchio: 270 x 136 x 40

Gli arredi della sala araba dell’eclettica casa-museo di Antonio Borgogna, in corso di restauro, vennero realizzati in stile moresco dall’ebanista Giuseppe Parvis (Breme Lomellina, Pavia 1831-Saronno 1909). Attivo a Casale e a Torino, dove aveva studiato disegno e scultura in legno all’Accademia Albertina, nel 1859 e fino al 1900 si trasferisce in Egitto. Diventa titolare al Cairo di un laboratorio per la produzione di mobili e oggetti.
Parvis ricorreva all’osservazione di modelli dall’antico da cui ricavava forme e motivi esclusivi variamente identificati come arabi, persiani, saraceni, moreschi, musulmani diventando un protagonista indiscusso della diffusione dell’Orientalismo in Europa. Definito il “Re degli ebanisti”, partecipò a numerose esposizioni universali riscuotendo unanimi apprezzamenti in varie parti del mondo.
La sua fortuna era iniziata nel 1867 quando, all’Esposizione universale di Parigi, il khedivè Ismail Pascià aveva portato alla ribalta internazionale l’Egitto, presentando le opere ingegneristiche del Canale di Suez e le ricostruzioni di pittoreschi ambienti di vita arredati con mobili arabeggianti ideati e fabbricati da Parvis: il primo ad applicare le tecniche e l’ornato della tradizione islamica.
Prima dell’Esposizione di Torino del 1880, dove Borgogna acquistò forse uno dei due stipi, e di Milano del 1881, dove espose “un salotto completo”, Parvis aveva riscosso particolare attenzione e successo anche alle Esposizioni universali di Parigi del 1867 e del 1878, di Vienna del 1873 e di Filadelfia del 1876. Nel 1884, quando all’Esposizione industriale di Torino presentò il suo salotto arabo, fu premiato con la medaglia d’oro. Tra gli acquirenti di Parvis all’Esposizione  è documentato, oltre a Borgogna che acquistò due candelieri in metallo argentato, il poeta Gabriele D’Annunzio. Nel 1871 aveva inoltre collaborato alla scenografia della rappresentazione della prima mondiale dell’Aida al Cairo di Giuseppe Verdi che, nell’abitazione di palazzo Doria a Genova, aveva allestito nella sua sala turca uno stipo di Parvis (MOGANO EBANO ORO! Interni d’arte a Genova nell’Ottocento, Genova, Palazzo Reale, 2020). Tra gli arredi di Parvis presenti nella raccolta di Borgogna, oltre ai due stipi che riportano delle iscrizioni di cui una con il nome del collezionista, ricordiamo: una porta monumentale, un tavolino da gioco, quattro sedie, un’ottomana, una chaise longue, un porta-carte da parete, due mensole, un paravento, un tripode, un tempietto ligneo contenente una divinità egizia e alcuni oggetti in metallo. Infine l’entità delle commissioni di Borgogna a Parvis fa pensare che lo straordinario trittichetto in stile moresco, apribile in altri sportelli con funzione di portafotografie (inv. 1903, V, 35) con 37 immagini dove l’ebanista si fa immortalare nel suo laboratorio, possa essere frutto di un omaggio al collezionista in segno di gratitudine.

Proprio per la sua fama nella terra dei faraoni Parvis è sepolto al di sotto di un sarcofago egizio dell’antico regno presso il cimitero monumentale di Torino.
Oltre agli studi pionieristici di Rossana Bossaglia (1987 e 1998) e di Ornella Selvafolta (1990), la mostra Mondi a Milano. Culture ed esposizioni 1874-1940 al MUDEC-Museo delle Culture di Milano del 2015 ha dedicato una sezione all’ebanista.

Giuseppe Parvis, Coppia di stipi in stile moresco, Museo Borgogna, Vercelli