Antonio Borgogna

Il Museo, prima di essere aperto al pubblico nel 1908 per volontà del suo fondatore Antonio Borgognaè stato la sua casa-museo.

Antonio Giacomo Francesco nasce a Stroppiana (Vercelli) il 27 luglio 1822 da Margherita Burzio e Francesco Borgogna, un agrimensore e proprietario di diversi appezzamenti terrieri. Terzogenito di cinque figli, Antonio Borgogna, fresco di una laurea in Giurisprudenza a Torino ottenuta nel 1846, affianca il fratello Domenico nella gestione delle vaste tenute agricole della famiglia.

Di ideologia liberal-progressista, Antonio Borgogna entra a far parte della classe politica vercellese; nel 1860, non ancora quarantenne, viene eletto consigliere comunale, rimanendo in carica per il decennio successivo.

Dal 1870 si ritira a vita privata e inizia una lunga serie di viaggi in Italia e all’estero, visitando le esposizioni universali e le mostre d’arte, partecipa a numerose aste antiquariali, coltivando la sua passione per l’arte in parallelo il suo interesse per la modernizzazione delle tecniche agrarie.

Nel 1882 acquista Palazzo Ferreri, in via San Francesco a Vercelli, che fa ampliare su progetto del geometra Ettore Tartara e ridecorare. Il palazzo è destinato ad ospitare la sua collezione, con l’intenzione di farne un museo, che si va accrescendo anno dopo anno.

Nel 1895 dona alla Città il busto in marmo del Sodoma, scolpito da Francesco Porzio, che ancora oggi occupa la nicchia del palazzo all’ingresso di Piazza Cavour e, nel 1899, manifesta l’intento di donare alla città di Vercelli il palazzo e le sue collezioni.

Liberale e filantropo, Antonio Borgogna finanzia a Vercelli la creazione di istituzioni socio-assistenziali (Convitto, Opere Pie, Asili Infantili, Ospedale, Case Operaie, Società di Mutuo Soccorso). Convinto della necessità sociale dell’istruzione promuove e sostiene istituzioni didattiche per la formazione professionale dei ceti meno abbienti e delle donne (per queste ultime finanzia borse di studio in medicina e la scuola di pizzi e merletti).

E’ promotore della riqualificazione del lavoro artigianale, fonda la “Scuola Professionale e Filologica Francesco Borgogna” di Vercelli e la Scuola di Pizzi e Merletti; finanzia borse di studio per il perfezionamento presso le Accademie Albertina e Braidense degli allievi meritevoli dell’Istituto di Belle Arti di Vercelli.

Per sua volontà e con i relativi lasciti testamentari, saranno realizzati diversi monumenti pubblici tra i quali quello a Umberto I (inaugurato nel 1907 di fianco all’Abbazia di Sant’Andrea), a Carlo Alberto (scultore Guido Bianconi inaugurato nel 1909 in piazza Duomo), la Fontana dell’Agricoltura (concorso vinto da Attilio Gartmann e inaugurato nel 1909 nei giardini di Sant’Andrea).

Antonio Borgogna, celibe e senza figli, muore nella sua casa a Vercelli il 19 gennaio 1906.

Per saperne di più sulla Sala Araba di Antonio Borgogna

Bibliografia essenziale:

C. LACCHIA, Antonio Borgogna, un “imprenditore” vercellese della cultura tra filantropia e arte, estratto da A. RUFFINO (a cura di), Vercellesi illustri. Uomini di Scienza e di Cultura. Il progresso per l’intera umanità e la crescita dell’offerta culturale per i cittadini, Vercelli 2016, pp. 173-205

antonio borgogna
antonio borgogna casa museo borgogna
museo vercelli antonio borgogna casa
casa museo museo borgogna

Antonio Borgogna e la passione per l'arte

Antonio Borgogna investe le proprie risorse derivanti dal riso verso l’arte e l’artigianato artistico, oltre che nella filantropia.

E’ socio dell’Istituto di Belle Arti. In parallelo al notaio Camillo Leone, l’altro grande collezionista della città che donerà nel 1907 il suo museo all’Istituto di Belle Arti, la collezione eclettica di Antonio Borgogna diventa uno spazio prestigioso di arte e di educazione al bello per i suoi concittadini e per gli artisti che si esercitano sulle opere esposte che diventano modelli di studio. Ne sono esempi le opere scultoree di Francesco Porzio o gli intarsi lignei di Francesco Crescioli.

Particolarmente fruttuoso è il rapporto con il pittore-restauratore Ferdinando Rossaro, docente di pittura presso l’Istituto di Belle Arti e consulente per il nostro collezionista in merito ad acquisti e a restauri.

Appassionato viaggiatore e raccoglitore di oggetti esotici, visita le città, le gallerie e i musei più prestigiosi in Italia e all’estero (Spagna, Egitto e Medio Oriente, Norvegia, Germania, Svizzera, Francia, Belgio, Olanda, Inghilterra, Russia). Frequenta mostre d’arte contemporanea organizzate nelle più importanti Accademie italiane e visita la maggior parte delle Esposizioni Nazionali e Universali.

Borgogna chiama la sua collezione “Galleria” ma vi racchiude, in un ideale microcosmo fatto su misura del proprio gusto estetico, un repertorio completo di tutte le arti e di tutte le tecniche artistiche. Il proposito iniziale di Antonio Borgogna è probabilmente quello di creare un museo privato delle belle arti seguendo i modelli europei. Durante gli anni Ottanta acquista infatti alle Esposizioni Nazionali oggetti e mobili dove trionfano specifiche tecniche proprie delle diverse regioni italiane: gli intagli veneti, i commessi di pietre dure fiorentini, i mosaici minuti romani, gli intagli alla certosina lombardi. A questi accosta le porcellane di Meissen, di Sèvres e di Ginori, gli avori tedeschi, oltre ad un consistente numero di dipinti e sculture contemporanee.

Negli anni Novanta matura l’interesse anche per la pittura antica del Rinascimento italiano e del Seicento olandese. Alle più importanti aste europee si assicura dipinti di elevato valore. E’ verosimile che sia stato affiancato da uno o più suggeritori. Oltre al vercellese Ferdinando Rossaro, conosce lo storico dell’arte Gustavo Frizzoni che, allievo di Giovanni Morelli, teneva rapporti con il grande critico Bernard Berenson.

Nel giro di trentanni, Antonio Borgogna raccoglie più di 3.000 oggetti, dettagliatamente descritti nel suo Inventario (1903), che vanno ad arredare le sale del palazzo. Con la perdita dell’epistolario e dei documenti di acquisto, esso rappresenta uno strumento indispensabile per conoscere l’aspetto originario della collezione. Abbiamo così potuto ricostruire, con maggior aderenza, alcuni degli spazi museali evocativi della casa-museo nel nuovo riallestimento del 2008.

Costituito il museo in omaggio alla memoria del compianto padre Francesco al quale, come scrive nel suo testamento del 1904 “tutto devo, vita, sentimenti, ricchezze”, Antonio dispone che la raccolta divenuta pubblica sia intitolata “Museo Francesco Borgogna”.
Sul testamento si legge infatti: “Allego alla mia cara città di Vercelli dove passai tranquillamente la maggior parte della mia vita, la mia casa di abitazione in via San Francesco e del quartiere di fanteria con l’annesso rustico e giardini con l’obbligo di destinarla a modesto museo o collezione di belle arti sotto il titolo di Museo o collezione artistica geom. F. Borgogna fu notaio Antonio e tale perpetuamente conservarla. Oltre alla casa lego alla città di Vercelli per lo scopo suddetto e a suo decoro, tutti gli oggetti d’arte e di collezione che posseggo e posteriormente acquistati come pure lego il mobilio del piano terreno dell’alloggio e dei giardini, l’addobbo delle finestre, i libri e la libreria, tavole, sedie, stipi, buffets, stampe, disegni e simili, per quanto possano servire al creando museo e suo normale andamento“.

Gran parte della sua biblioteca fu smembrata dalla collezione museale e trasferita, nel 1924, presso la Biblioteca Civica di Vercelli senza costituirne un nucleo riconoscibile.

La 'Galleria' del collezionista: 1885 - 1906

L’8 aprile 1882 l’avvocato Antonio Borgogna acquista palazzo Ferreri, edificio del 1830 a due piani affacciato su via S. Francesco, con un ampio giardino e contiguo all’importante chiesa dei minori osservanti. Il nuovo proprietario fa subito realizzare un ampliamento sul retro per accogliere le sue raccolte.

Su commissione di Antonio Borgogna, Ettore Tartara prolunga le due ali brevi del palazzo volte verso il giardino interno. I due nuovi corpi di fabbrica ad un solo piano vengono uniti tramite una doppia loggia aperta. Si forma così un raccolto cortile, intorno al quale si affacciano i nuovi locali, privi di aperture verso la strada, quasi a formare una sorta di peristilio, a modello della domus romana.

Al piano terreno i locali più ampi erano ubicati intorno al cortile e destinati ad accogliere la collezione artistica. La dimora diventa una vera e propria “Casa-Museo”. Al piano superiore si trovavano le camere da letto. Antonio Borgogna mantiene le decorazioni di soffitti e pavimenti e affida quelle delle volte delle nuove sale alle maestranze del locale Istituto di Belle Arti. Prende vita un repertorio eclettico assai vario, alternando finti fregi architettonici a sfondati paesaggistici, grottesche a motivi tratti dal repertorio classicista.

Borgogna intitola ogni stanza della sua Casa-Museo in riferimento alla funzione d’uso (la libreria, la sala da pranzo, la sala verde del pianoforte), oppure alla tipologia prevalente delle opere esposte (sala dei vasi grandi), o ancora all’evocazione di una civiltà culturale (sala araba). All’interno mobili e arti decorative, quadri e statue sono scenograficamente accostati secondo il gusto dell’epoca, richiamandosi tra loro per accostamento di colori, materiali, tecnica o soggetto.

La Galleria si componeva, nel 1903, delle seguenti sale:
1 – Camerino d’entrata
2 – Anticamera verso nord
3 – Corridoio con scaletta
4 – Libreria
5 – Sala araba
6 – Atrio divisorio fra giardino e patio interno
7 – Il giradino o patio
8 – Giardinetto verso via S. Francesco
9 – Giardino grande
10 – La sala dei vasi grandi
11 – La sala di Tiziano e Bianca Capello
12 – Corridoio
13 – La camera d’angolo dell’Oldoni
14 – Camerino
15 – La sala grande rossa
16 – Camerino
17 – La sala da pranzo
18 – Il camerino di entrata bleu verso via S.Francesco
19 – La camera verde del pianoforte
20 – Camerino d’angolo verso via S.Francesco