Pietro Liberi (Padova, 1614-Venezia, 1687), Antiope addormentata con Giove in forma di satiro e amorini, tela
Il dipinto, di dimensioni ragguardevoli e con una preziosa cornice, venne donato al Museo dal primo presidente e nipote del fondatore, l’avvocato Francesco Borgogna nel 1923 con l’attribuzione al pittore seicentesco fiammingo Anton Van Dick. E’ in realtà una importante opera della pittura barocca veneta il cui tema mitologico, che si fonda sul racconto delle Metamorfosi di Ovidio, richiama la tradizione iconografia consolidata delle Veneri e definisce una tipologia di grande successo nella rappresentazione del nudo femminile giacente.
L’artista padovano si ispira quindi sia a modelli della tradizione veneta del Rinascimento, come le note opere di Giorgione e Tiziano, sia alle interpretazioni seicentesche e gestisce con grande maestria la tecnica sciolta e corposa del colore.
Colpisce nella composizione della scena la corale gestualità dei personaggi: l’irrompere dei putti che cercano di preservare il sonno della ninfa, il gesto del silenzio dell’amorino a destra per ammonire Giove nelle vesti di satiro e indispettito per la loro intromissione; la seducente Antiope poggia, forse non involontariamente, la sua mano sul grembo per denunciare la sua futura maternità con il parto dei due gemelli Anfione e Zeto, frutto dell’incontro clandestino con il re degli Dei.