Quest’anno per festeggiare il compleanno di Antonio Borgogna, nato 201 anni fa il 27 luglio 1822, abbiamo pensato di invitarvi a scoprire la sua filantropia a favore dei concittadini attraverso una passeggiata per le vie della sua amata Vercelli

Partendo dal Museo Borgogna, che fu la sua casa-museo destinata ad essere aperta al pubblico dal 1908, si potranno scoprire alcune curiosità e storie sulla città e sul fondatore del Museo. Percorrete le nove tappe dell’ audioguida nell’ordine che preferite.

Un percorso a piedi, in bicicletta o direttamente dal divano per regalarsi un momento di benessere e allenare lo sguardo alla curiosità


Tappa 1

Cortile in facciata del Museo Borgogna

via Antonio Borgogna, 4

Francesco Porzio
(Vercelli, 1854 – 1934)

Busto di Antonio Borgogna

Pietro Masoero, fotografo e presidente della Scuola professionale e filologica “Borgogna” poi vice-presidente del Museo Borgogna, ricorda nel suo discorso di commiato che Antonio Borgogna ripeteva il suo testamento spirituale ancora sul letto di morte: Ho raccolto queste cose belle più che per me per gli altri. In esse gli studiosi, gli artisti, gli artieri potranno trovare esempio, ispirazione ed incitamento. Qui potrà venire il popolo ad educarsi il gusto e ad ingentilirsi l’animo; con questa raccolta il Comune potrà dar modo ai lavoratori più poveri di godere di quelle bellezze che una volta solo ai ricchi era dato godere”.

Le sue parole sintetizzano la missione della sua attività di collezionista concepita con finalità non solo estetiche ma anche didattiche a beneficio dei suoi concittadini, soprattutto quelli delle classi meno abbienti e della sua amata città – di cui va ricordato che fu per 10 anni consigliere comunale. Non essendosi sposato e senza figli, Antonio Borgogna destinò agli amati nipoti e a Vercelli la sua cospicua eredità comprendente il palazzo, già casa-museo della eclettica collezione, e diversi lasciti, tutti sotto il nome del padre “geom. Francesco Borgogna”. Il busto-monumento del fondatore che accoglie ancora oggi i visitatori nel cortile di ingresso del Museo, venne commissionato allo scultore Francesco Porzio, nel 1909, a tre anni dalla morte di Borgogna. Lo volle il sindaco Oreste Bacolla in accordo con il Consiglio di Amministrazione del Museo, dopo aver già intitolato la via al nome del munifico benefattore. Il monumento fu inaugurato il 15 agosto del 1910.

La scelta dello scultore Francesco Porzio, era motivata dall’apprezzamento e dal sostegno che Antonio Borgogna gli aveva riconosciuto in vita attraverso diverse commissioni di opere d’arte oltre all’opportunità di disporre dell’effige del collezionista, di cui non esistevano né fotografie né ritratti, tramite il calco del volto che proprio Porzio aveva tratto dalla salma su richiesta della famiglia.

Il ritratto, a grandezza naturale e a braccia conserte, con gli occhiali tenuti nella mano sinistra, è presentato su un alto basamento e poggia su una corona di elementi floreali identificabili con le zinnie. La stele-basamento è arricchita da una fascia decorativa in bronzo in stile Decò con quattro medaglioni-ritratto con volti maschili e femminili. L’epigrafe commemorativa, scritta da Angelo Treves, recita:

Antonio Borgogna / le preziose opere d’arte / con amore raccolte / offerse al Comune / perché nel culto del bello / il popolo educasse / il pensiero il sentimento”.

Altre due fusioni del solo busto-ritratto si trovano presso istituzioni beneficiate dai lasciti testamentari di Borgogna: una, del 1905, è presso la Scuola professionale “geom. Francesco Borgogna” in piazza Cesare Battisti, e un’altra versione analoga, del 1906, è collocata presso la Società Operaia di Mutuo Soccorso in via Francesco Borgogna.

Tappa 2

piazza Cesare Battisti, 9

Scuole Borgogna

La Scuola Filologica-Professionale geom. Francesco Borgogna fu istituita grazie al contributo di Antonio Borgogna che ne fu anche membro del consiglio. Nel 1905 gli fu offerta la presidenza onoraria che tuttavia rifiutò. La scuola si sarebbe occupata dell’insegnamento delle lingue straniere e di una formazione teorica oltre che di tipo professionale. 

Borgogna ritenne infatti importante investire nell’istruzione, in particolare delle fasce meno abbienti. Oltre alle elargizioni in danaro ad asili (Mora, San Cristoforo e Umberto I) e al sostegno con borse di studio per artisti meritevoli all’Istituto di Belle Arti, Borgogna legò 50.000 lire per la creazione di corsi femminili per la pratica medica e infermieristica e per la fondazione di borse di studio a favore di fanciulle poco agiate per lo studio della medicina e della chirurgia. Ida Caciagli (Trino 1888- Vercelli 1946), a cui è dedicata una via cittadina, ne fu beneficiaria, prima donna vercellese laureata in medicina e chirurgia a pieni voti nel 1915. 

Per le stesse finalità di avviamento professionale e allo scopo di migliorare le condizioni delle donne poco agiate, Borgogna incoraggiò le attività che potevano essere esercitate anche in casa, senza trascurare la famiglia, legando la somma di 60.000 lire alla creazione di una Scuola professionale di Pizzi e Merletti istituita nel 1907. 

Tra i corsi di maggior rilievo la scuola proponeva la formazione nel campo dell’oreficeria e della produzione di filigrane che costituiva una delle tradizioni di eccellenza cittadine. Una ricca collezione di oreficerie venne acquistata dal Museo Borgogna tra il 1912 e il 1922 ed esposta in mostra nel 1922 proprio nella sede della Scuola Borgogna. Francesco Borgogna, Francesco Borgogna, nipote di Antonio e primo presidente del Museo, fu in quegli anni anche presidente della Scuola. La moglie, Elisa Poma Borgogna, che aprì anche una scuola di Pizzi e Merletti a Vespolate (NO), raccolse un ricco campionario di oreficeria popolare e produzione vercellese di filigrana, che è possibile definire “pizzo aureo”,  oggi esposto, dopo i riallestimenti di Vittorio Viale dei musei vercellesi negli anni trenta, Museo Leone. Tra gli oggetti in filigrana, in particolare ornamenti per acconciature, troviamo spilloni per pettinature spesso elaborate, il cui uso tradizionale nel nord Italia è esemplificato in opere pittoriche come  La partenza dei coscritti di Gerolamo Induno, conservata al Museo Borgogna. Una preziosa scatoletta raffigurante rane, pannocchie di riso, spighe di grano e rose realizzata da Archimede Bottazzi nel 1928, in oro, argento, smalto e pietre preziose, testimonia l’abilità dell’artista vercellese che si formò proprio presso questa scuola di oreficeria. Il soggetto fu scelto da Francesco Borgogna per incrementare la collezione del Museo che sempre più si caratterizzava in quegli anni, per la sua vocazione di museo del territorio e di valorizzazione delle qualità artistiche dell’artigianato locale. 

Nella sede della scuola Borgogna si conservano ancora oggi i busti in bronzo di Francesco Borgogna, padre del collezionista, e quello realizzato da Francesco Porzio nel 1905 che ritrae Antonio Borgogna.

Tappa 3

Via Francesco Borgogna da 24 a 34

Case operaie

Alla Società Operaia di Mutuo Soccorso e di istruzione di Vercelli (S.O.M.S.) Antonio Borgogna lasciò per testamento 10.000 lire per la costruzione di comode e belle case operaie “premio di virtù”. Il ricavato degli affitti di queste abitazioni doveva essere accumulato fino a raggiungere la somma necessaria per costruire un’altra casa. Questa doveva essere donata a quello che tra gli operai della città fosse ritenuto il più degno per virtù, attività e bontà. Ogni cinque anni una nuova casa poteva essere costruita e donata. L’idea non poté realizzarsi e fu convertita in una istituzione di patronato per vecchi operai. Il primo edificio venne costruito ad opera dell’ingegner Felice Del Pozzo nel 1891 ed inaugurato nel 1892 dalla Società Generale degli Operai. Successivamente, lungo la stessa via, venne costruito un altro edificio nel 1902-1903, su progetto di Vincenzo Canetti ed Ettore Ara quale sede dell’Associazione Generale degli Operai. Il palazzo fu decorato da fregi dipinti da Pietro Verzetti e Ambrogio Alciati, purtroppo cancellati durante il periodo fascista e sostituiti dall’insegna “P. N. F.”.

Tutte le attività benefiche del collezionista furono caratterizzate da una dichiarata volontà di anonimato del suo operato. Il Museo stesso fu dedicato al padre, il geometra Francesco Borgogna, a cui è dedicata anche la via in cui si trovano le case operaie. Questo aspetto ha generato spesso confusione con l’altra via, che costeggia la facciata del Museo, intitolata dal Comune al collezionista Antonio Borgogna dopo la sua morte a titolo di ringraziamento per i cospicui lasciti disposti nel testamento.

Nella sede della S.O.M.S. si conserva ancora il busto in bronzo di Antonio Borgogna realizzato da Francesco Porzio nel 1906. Nel salone è inoltre presente, tra i ritratti dipinti dei benefattori, anche un altro ritratto del padre geom. Francesco Borgogna. In relazione alle sue attività filantropiche Borgogna, che non volle mai essere fotografato o ritratto in vita, appare anche tra i ritratti dei benefattori della Casa di Riposo di Vercelli, in Piazza Mazzini, nella tela dipinta dall’amico Ferdinando Rossaro e tra i benefattori dell’Ospedale, raffigurato nella tela del 1934 di Enzo Gazzone, anch’essa ora conservata in Museo.

Tappa 4

Centro Piazza Roma

Attilio Gartmann (Vercelli 1887-1928)

Fontana dell’Agricoltura

Il 10 gennaio 1908 il Comune stipulò una convenzione con il ventunenne Attilio Gartmann per realizzare una fontana pubblica di acqua potabile da collocarsi “negli spianati erbosi davanti all’Ospedale”, cioè a fianco dell’Abbazia di Sant’Andrea. L’opera in bronzo, conclusa nel 1909, rappresenta tre figure allegoriche che evocano il tema dell’agricoltura: il seminatore, il mietitore e la raccoglitrice delle messi. Sulla base originale in pietra di Brenno, visibile nella foto storica, con una grande vasca decorata da un fregio allegorico in bronzo con pannocchie di riso, si leggeva l’iscrizione: “dono di Antonio Borgogna”.  

Il lascito testamentario del collezionista prevedeva infatti il dono ai suoi concittadini di una fontana pubblica di acqua potabile. La base era composta da quattro getti d’acqua che cadevano a ventaglio dalla vasca superiore in quella inferiore con ai lati fontanelle per il consumo pubblico. Dalla posizione originaria, la fontana smembrata dal suo basamento in parte perduto, venne spostata nel 1938, per essere posta al centro dell’attuale piazzale Roma dove oggi funge da spartitraffico su un basamento non originale. Il basamento in pietra venne trasferito in piazza Mazzucchelli fino al 1999 ed ora collocato nei depositi comunali.

La fortuna imprenditoriale della famiglia Borgogna in campo agrario è in stretto rapporto con l’importanza che il lavoro risicolo ebbe e ha tuttora nel nostro territorio. Antonio Borgogna ne è ben consapevole e lo dimostra non solo attraverso la gratitudine verso il padre, a cui deve la sua fortuna economica legata all’azienda di famiglia, ma anche attraverso il lascito nel suo testamento di ben 30.000 lire per la realizzazione di questa fontana dedicata al tema dell’agricoltura.

Al Museo Borgogna si conservano due bozzetti di Gartmann preparatori per la scultura, uno in gesso patinato e l’altro in bronzo, in deposito dal CREA-Centro di ricerca cerealicoltura e colture industriali (già Stazione sperimentale per la Risicoltura e le Colture irrigue presso la Cascina Boraso).

L’eredità del legame con il territorio venne proseguita dal nipote avvocato Francesco Borgogna (1855-1924), omonimo del nonno, a cui il collezionista aveva trasmesso l’amore per l’arte e che scelse per affidargli la conduzione e l’accrescimento del museo. Distintosi anche come imprenditore illuminato e innovatore agrario, fu membro del consiglio della Stazione Sperimentale di Risicoltura di Vercelli. Come primo presidente del museo acquistò l’opera del noto pittore divisionista Angelo Morbelli all’ Esposizione Internazionale di Risicoltura e di Irrigazione, tenutasi a Vercelli nel 1912.

Accanto al vicino parco Kennedy, il cui primo assetto fu realizzato nel 1860 contestualmente alla stazione, è visibile l’opera del 1983 dedicata alla Mondina dello scultore Agenore Fabbri. Una figura femminile, seminuda e scarna mostra con un gesto enfatico ed un’espressione drammatica la stazione da cui provenivano molte delle lavoratrici stagionali attive nel nostro territorio fino all’avvento della meccanizzazione del lavoro nei campi. Si tratta di una celebrazione dell’attività delle mondine che, con il loro lavoro, fatto di fatica e sacrificio, hanno rappresentano parte dell’identità della storia del nostro territorio.

Scendendo all’interno del parco, in direzione di Piazza Sant’Eusebio, si trova la recente opera del 2004 intitolata Donne, in acciaio e bronzo, di Carla Crosio, unica donna vercellese autrice di un monumento pubblico in città, commissionato dal club Soroptimist cittadino in occasione del 40nnale della fondazione.

Tappa 5

Piazza Sant’Eusebio – Giardini Beato don Secondo Pollo

Guido Bianconi (1874-1960)

Monumento a Carlo Alberto

L’adesione di Antonio Borgogna alla dilagante “monumento mania” diffusa a Vercelli come in altre città d’Italia tra Otto e Novecento, appare evidente nella destinazione di ingenti somme per l’erezione di monumenti pubblici. L’arredo urbano diventa espressione di memoria, di scenari politici, ideali patriottici, identitari o allegorici. Ciò emerge anche dalla collocazione in luoghi strategici o di rinnovamento urbanistico. Un esempio è il  monumento a Carlo Alberto che Borgogna chiese di posizionare nella piazza davanti al Duomo cittadino. Il monumento a Carlo Alberto fu realizzato nel 1909 dallo scultore senese Guido Bianconi (1874-1960). Arrivato a Torino nei primi del Novecento, completò la sua formazione artistica con Leonardo Bistolfi con cui condivise una decisiva adesione ai canoni simbolisti. 

Su indicazione di Borgogna, che per la sua realizzazione destinò per testamento ben 40.000 lire, il monumento venne eretto in forma di obelisco sormontato da una stella e con in rilievo l’effigie di Carlo Alberto. L’obelisco in marmo e bronzo, mostra alla base quattro rilievi di matrice simbolista ed allegorica, che ritraggono: L’abdicazione, Il grido di libertà, L’eroe sul campo di battaglia, L’anima in esilio.   

L’epigrafe sul monumento fu scritta dallo stesso Borgogna: “A Carlo Alberto largitore dello Statuto promotore soldato e martire dell’unità e dell’indipendenza d’Italia” 

La devozione di Borgogna a Casa Savoia è documentata anche nella sua collezione d’arte dalla presenza dell’imponente Apoteosi di Re Vittorio Emanuele II dello scultore bellunese Valentino Panciera Besarel

Tappa 6

Piazza Guala Bicchieri

Luigi Sereno (1860-1942)

Monumento a Umberto I

Lo scultore Luigi Sereno si formò sotto la guida di Ercole Villa a Vercelli e Francesco Barzaghi a Brera. La sua attività giovanile appare caratterizzata da un robusto verismo che si esprime attraverso lo studio della fisiognomica e la rielaborazione della scultura antica. Nelle sue opere  l’artista si rivolge alla rappresentazione della quotidianità del suo tempo, tra denuncia sociale e commosso intimismo. Contemporaneamente cerca di accreditarsi sul mercato vercellese, a fianco del collega Francesco Porzio, contendendosi l’assegnazione di concorsi pubblici e commissioni private. Fu autore di ritratti e monumenti funebri per il cimitero di Billiemme e quello Israelitico di Vercelli.

La commissione del monumento a Umberto I testimonia un riconoscimento pubblico di rilievo per l’artista, il cui incarico fu ottenuto per tramite del senatore Piero Lucca. Il successo dell’opera gli valse l’onorificenza di Cavaliere della Corona d’Italia assegnata da Vittorio Emanuele III, pare su suggerimento di Leonardo Bistolfi. L’erezione del monumento fu voluta e finanziata da Antonio Borgogna che vi assegnò la somma di ben 10.000 lire.

L’erma del sovrano e la vigorosa figura femminile allegorica che rappresenta la Riconoscenza che porge la palma del martirio, assumono proporzioni decisamente superiori al vero, mostrando, in questa fase, l’influenza della propensione al gigantismo plastico di François Auguste Rodin. Sarà il Re Vittorio Emanuele III in persona, il 29 settembre 1907, ad inaugurare il monumento.

Un bozzetto perduto del busto documentava un più articolato progetto in cui era originariamente prevista una seconda figura allegorica. Opere dello scultore si trovano alla galleria d’Arte Moderna “Fondazione Luigi Sereno”, voluta dalla figlia Laura che fece della sua casa e dello studio un museo pubblico aprendo la gipsoteca nel 1947, oggi purtroppo chiusa. Alcune opere restaurate sono esposte al Museo Borgogna. 

Tappa 7

via Galileo Ferraris, 52

Circolo ricreativo

L’edificio che ancora oggi ospita il Circolo Ricreativo ha sede nell’antico Convento degli Eremitani Agostiniani di San Marco. Il convento, soppresso nel 1801, venne acquistato insieme alla chiesa nel 1869 da Leon Davide Pugliese-Levi che nello stesso anno vendette la chiesa al Comune. La facciata del palazzo fu decorata da fregi realizzati dal pittore Clemente Pugliese Levi (Vercelli 1855-Milano 1936) di cui i cartoni preparatori sono conservati al Museo Borgogna insieme al dipinto Sole basso, ritorno dal pascolo.

La ex chiesa di San Marco, dopo essere stata trasformata in mercato coperto, oggi ospita la struttura per mostre temporanee “Arca”, mentre i restauri nelle cappelle laterali continuano a svelare nuovi tesori pittorici che riemergono sotto lo scialbo. Parte di questi affreschi strappati a fine Ottocento, quando la chiesa fu trasformata in mercato pubblico, sono esposti al Museo Borgogna. Tra i numerosi lasciti testamentari di Borgogna, destinati ad opere di pubblica utilità ed artistiche, va ricordato il legato di L. 20.000 da destinare al “compimento del campanile annesso alla chiesa di San Marco, lungo la via da piazza Cavour al Teatro, pel decoro della Città”. 

Anche Borgogna frequentava, come tutta l’élite vercellese, il Circolo Ricreativo. Nelle sue memorie, il concittadino Camillo Leone, nel 1889 ricorda come: “L’Avvocato Antonio Borgogna, oltre ad essere persona istrutta, è anche molto appassionato per i viaggi all’estero, (…); visitò l’Egitto, la Palestina e rimontò il corso del Nilo, a proposito del qual fiume, di quando in quando, specialmente nelle lunghe sere invernali, trovandosi al Circolo Ricreativo, va via raccontandomi un qualche aneddoto molto interessante. Visitando quei luoghi, ben sovente gli capitò di fare degli acquisti di oggetti molto interessanti, specialmente per la storia di quelle lontane regioni, da dove molti ne asportò e ne conserva fra tante altre cose da Esso Lui colà raccolte. Viaggiò in Persia, vide una parte della Russia, tutta la Prussia, la Danimarca, la Sassonia, dove acquistò varj bellissimi vasi in porcellana così detti di Sassonia, fu in Baviera, Austria, Francia e Spagna e Portogallo. Di Spagna conserva, fra le sue raccolte, varj vasi così detti Hispano-Moreschi, colà acquistati e copiati perfettamente sugli originali colà esistenti e lasciati dai Re Mori nelle Spagne. (…) quest’uomo che [ha] studiato, molto viaggiato e che conosce varie lingue, che è persona molto ricca, specialmente dopo la morte di suo padre, che ama il suo paese natio (…)”.

La collezione di Borgogna aveva infatti assunto un ruolo rilevante per il suo profilo cosmopolita. Orientata inizialmente verso gli artisti contemporanei e le arti applicate di provenienza internazionale, prima di dedicarsi all’arte antica, si distingue dalla coeva raccolta del notaio Camillo Leone e costituisce un unicum nel contesto collezionistico del nord Italia. 

Oltre agli acquisti di opere d’arte dalle più importanti aste ed esposizioni nazionali e internazionali, Borgogna raccolse preziosi souvenir di viaggio. Tra questi è particolarmente significativo il nucleo di oltre 450 oggetti che allestì nella sala araba della sua casa-museo oggi in corso di restauro e riallestimento. Per l’allestimento di questa sala Camillo Leone, acquisendo i beni della ex farmacia dell’Ospedale Maggiore messi in vendita nel 1889, decise di regalare al Borgogna due grandi coccodrilli impagliati.

Non mancò tuttavia l’attenzione per la salvaguardia di opere artistiche del territorio come testimonia la partecipazione all’asta della collezione dei marchesi Arborio di Gattinara nel 1899. Insieme a Leone e all’Istituto di Belle Arti, riuscì a garantirsi i lotti più significativi della scuola pittorica del Cinquecento vercellese evitando almeno in parte la dispersione sul mercato.

Tappa 8

Piazza Cavour angolo via Cavour

Francesco Porzio (Vercelli 1854-1934)

Busto di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma

Il busto in marmo, collocato in una nicchia in alto, all’angolo tra piazza Cavour e Via Cavour, fu commissionato da Antonio Borgogna nel 1895 per celebrare, tra gli uomini illustri, il grande artista rinascimentale. Le origini vercellesi del pittore erano state attestate pochi anni prima, nel 1861, dagli studi archivistici di padre Luigi Bruzza che ne individuò l’atto di nascita. Borgogna, proprio nel 1895 aveva acquistato il dipinto su tavola del Sodoma alla prestigiosa asta Scarpa di Milano, unica opera ancora oggi conservata nella sua città natale. Il busto, fu offerto in dono da Borgogna al Municipio per collocarlo in una nicchia simile all’attuale, già esistente in corrispondenza della ex chiesa di San Tommaso. Resosi conto che il posizionamento in sede della scultura avrebbe costituito una spesa per il Comune, Antonio Borgogna intervenne ancora dopo la donazione con un’ulteriore somma per sgravare il Municipio di qualunque incombenza economica. Le sembianze dell’artista sono ispirate all’ autoritratto di Sodoma dipinto ad affresco presso l’abbazia di Monteoliveto Maggiore vicino Siena. Del busto si conservano altre repliche presso la gipsoteca dell’Istituto di Belle Arti di Vercelli e presso il Museo Leone. Il Museo Borgogna nel 1950 dedicò al pittore Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma una mostra monografica di cui si conservano alcuni scatti presso l’Archivio Fotografico Luciano Giachetti-Fotocronisti Baita di Vercelli.

L’autore dell’opera è Francesco Porzio (Vercelli 1854-1934) che si formò a Vercelli con Ercole Villa all’Istituto di Belle Arti e in seguito, dal 1873 al 1877, a Brera con Pietro Magni. Qui mostrò interesse per il verismo attingendo alla scapigliatura lombarda. Proseguì gli studi a Parigi nel 1877 dove lavorò come finitore in marmo. A Vercelli realizzò diversi busti di personaggi illustri ed ottenne numerose commissioni private grazie alle sue doti nella ritrattistica in cui mostra un’attenta ricerca psicologica e un realismo minuto. Fu inoltre autore nel 1882 delle quattro statue raffiguranti le Virtù nella cappella neorinascimentale di sant’ Eusebio in Duomo e dei monumenti a Eugenio Bava in piazza Cugnolio (1889), e Garibaldi, inaugurato in piazza Roma nel 1890 e spostato successivamente in piazza Solferino. Lo scultore aveva attirato la simpatia di Borgogna anche per la sua, seppur cauta, apertura internazionale, ne è prova la commissione della copia di un gesso (non più reperito) comprato a Berlino e donato all’Istituto di Belle Arti, raffigurante la Venere che castiga Amore di Gustav Eberlein (Spickershausen 1847-Berlino 1926), dal tema classico ma letto come divertente scena di genere.

Tappa 9

via Cagna, 8 e 15

Biblioteca Civica di Vercelli e Palazzo Borgogna

Borgogna e i suoi misteri 

Quante informazioni ancora ci mancano di questo straordinario filantropo e collezionista morto a 83 anni, le cui volontà testamentarie non sempre hanno potuto essere rispettate. 

Antonio Borgogna aveva chiesto infatti di essere cremato lasciando, predisposto all’uso, anche il vaso marmoreo che avrebbe dovuto contenere le sue ceneri e che era copiato da un esemplare antico dei Musei Vaticani. Lo conserviamo ancora nei depositi e ovviamente vuoto, visto che la sua salma venne tumulata nella tomba di famiglia al cimitero di Billiemme.

Aveva inoltre chiesto di destinare ben 50.000 lire per la costruzione di un forno crematorio come misura “più igienica, …e la più consona al pio culto dei nostri cari defunti oltre ad impedire gli orrori della putrefazione, con conseguente avvelenamento delle acque”.

Borgogna non ha lasciato un diario di memorie come il concittadino Camillo Leone ed essendo pressoché scomparso il suo archivio privato, oggi possiamo contare sul dettagliato inventario manoscritto che ci guida nella ricostruzione della sua casa-museo e dei suoi giardini. Non abbiamo fotografie che lo ritraggono e rare sono quelle dei suoi numerosi viaggi in Europa e in Africa.

E’ ancora avvolta nel mistero la figura della madre Margherita Burzio di Bianzè, morta prima del 1839.

I pochi ma preziosi carteggi che lo riguardano emergono dallo spoglio talvolta casuale fortuito degli archivi dei suoi corrispondenti e come Pollicino ripercorriamo a piccoli passi quegli indizi lasciati cadere come sassolini tra le pieghe del passato. Continuiamo a cercare documentazioni e testimonianze consultando i giornali dell’epoca, gli archivi cittadini o di privati e della famiglia, vagando per cimiteri, e soprattutto consultando la sua cospicua biblioteca, confluita – per la maggior parte e insieme a qualche opera d’arte – presso la Biblioteca Civica di Vercelli, a pochi passi dal palazzo che fu la prima abitazione della famiglia Borgogna a Vercelli.

Audioguida “La Vercelli di Antonio Borgogna”.

Testi di:

Cinzia Lacchia, Alessia Meglio

Con le voci di:

Giulia Enrico, Valeria Gobbi, Cinzia Lacchia, Alessia Meglio, Roberta Musso

e di

Fiorenzo Meglio nei panni di Antonio Borgogna e Camillo Leone.

Registrazioni audio: Alessia Meglio

Montaggio video: Giulia Enrico

Realizzato in occasione dei 201 anni dalla nascita di Antonio Borgogna (27 luglio 1822 – 27 luglio 2023).