GIUSEPPE PARVIS
(Breme Lomellina, Pavia 1831- Uboldo, Varese 1909) attr.
porta-specchio a cassa con anta apribile
ultimo quarto del XIX secolo
rame argentato, lamina argentata sbalzata, incisa e traforata
inv. 1906, V, 118
44 x 25 cm
Cassa circolare diametro 25 x 2.5 cm
Base diametro 18.5 cm
Il porta-specchio, parte del ricco arredo della Sala Araba della casa-museo di Antonio Borgogna, dall’analisi stilistica e tecnica può essere collegato ad altri oggetti della collezione prodotti dalla bottega dell’artista Giuseppe Parvis (Breme Lomellina, Pavia 1831-Uboldo, Varese 1909), titolare al Cairo di un laboratorio per la produzione di mobili e oggetti di gusto moresco. In particolare lo stile della lavorazione della lamina in rame argentato e traforato e i motivi decorativi sono analoghi alla brocca con bacile (inv. 1906, V, 106 a – 106 b) e ai due candelieri in rame argentato acquistati all’Esposizione Industriale di Torino del 1884 (inv. 1906, V, 214-215). Gli oggetti erano allestiti insieme agli arredi lignei realizzati dallo stesso ebanista Parvis appositamente per la Sala Araba dell’eclettica casa-museo del collezionista.
I modelli figurativi di questa tipologia di oggetti riprenderebbero il repertorio ornamentale a fiori e uccelli presente nelle illustrazioni dei manoscritti persiani del XIV secolo, diffuso nell’Ottocento su stimolo dei viaggi in Oriente oltre che come riflesso del colonialismo occidentale. Ne è esemplificativo il repertorio ornamentale The Grammar of Ornament realizzato nel 1856 dall’inglese Owen Jones, volume presente anche nella biblioteca di Antonio Borgogna. La tipologia di porta-specchio apribile, qui già privo in origine della superficie riflettente, trova possibili confronti in oggetti analoghi tra cui gli esemplari del Museum of Fine Arts di Cleveland e del British Museum di Londra, anch’essi risalenti alla produzione del periodo Qajar (1785-1925) della seconda metà del XIX secolo.
I motivi decorativi presenti, a fiori e uccelli, in particolare l’usignolo, sono stati utilizzati a lungo nella tradizione della poesia persiana come simbolo dell’amore sia spirituale che passionale. In corrispondenza del bordo del porta-specchio, tra le iscrizioni in caratteri arabi, troviamo infatti riportata proprio la parola “amore”. Lo specchio nella cultura islamica rappresenta un mezzo attraverso il quale si riflette la bellezza del creato divino, simbolo di purezza del cuore e nobiltà d’animo. Specchi simili sono raffigurati anche in pittura ad esempio nel dipinto di ambientazione orintalista di Rudolf Ernst, The wedding gift. (bibl. G. Recanzone, Gli arredi della Sala araba del Museo Borgogna di Vercelli e la fortuna europea dello stile islamico nell’Ottocento. Schedatura di una selezione di mobili e oggetti, tesi di laurea, Università degli Studi di Torino, Scuola di Scienze Umanistiche, Dipartimento di Studi Storici, relatrice prof.ssa G. Spione, a.a. 2021-2022).
L’opera è stata oggetto di un recente restauro grazie all’adozione da parte di un mecenate che ha sostenuto l’intervento attraverso Art Bonus.